Pontefice dall'896 all'897. Successe a
Formoso, che lo aveva ordinato vescovo di Anagni, e a Bonifacio VI, il cui Regno
durò solo 15 giorni. Strettamente legato al partito che sosteneva la
causa di Lamberto di Spoleto (consacrato imperatore da Formoso nell'892 ma
sconfessato in quella carica da quel medesimo papa in favore di Arnaldo di
Carinzia nell'896),
S. accettò di farsi strumento di un grottesco
piano di restaurazione dell'investitura imperiale di Lamberto. Nel gennaio 897,
infatti, egli istruì una sorta di processo postumo contro Formoso, di cui
per l'occasione furono riesumate le spoglie, che rimase noto come "il
sinodo del cadavere";
S. proclamò che Formoso si era reso
indegno del titolo papale e che, conseguentemente, tutti i suoi atti erano resi
nulli, comprese le ordinazioni episcopali (era evidente lo stratagemma per
ratificare l'elezione al pontificato dello stesso
S., a sua volta a
rischio di annullamento perché, essendo il papa in primo luogo vescovo di
Roma e non essendo all'epoca ammessi trasferimenti da una sede vescovile
all'altra,
S., già vescovo di Anagni, era stato illegittimamente
eletto). La salma di Formoso venne privata delle insegne pontificie e, in segno
di disprezzo, gettata nel Tevere. L'eccesso di questa vendetta tanto macabra si
volse però contro la fazione imperiale e contro
S., suscitando una
sollevazione popolare: i rivoltosi, interpretando come un segno della collera
divina il crollo che si verificò in quei giorni nella basilica
lateranense a causa di un terremoto, rinchiusero
S. in carcere, dove
morì poco dopo assassinato. Gli successe Romano (m. Roma 897).